Desideri in quarantena: un tramonto sul mare
Questa è una
storiella poco ordinaria che ebbe inizio in un posto, il pianeta Azul, le cui
coordinate spaziali sfuggono tuttora agli esperti. Gli abitati del pianeta
Azul si assomigliavano per la bellezza e per il rigore che li caratterizzava.
Le donne e gli uomini crescevano sani e forti e immuni a qualsiasi malattia. I
bambini e le bambine venivano educati secondo le norme del pianeta dagli
anziani del posto, ma è proprio al saggio mastro Quintino che toccò l’allievo più
ribelle: il piccolo Cyan. Un impulso esploratore animava Cyan, il quale
immaginava continuamente di scappare e viaggiare alla scoperta di nuovi mondi.
Il suo maestro, esperto di arti marziali, di meditazione azuliana e della
tecnica di traslazione, insegnò tutto il sapere in suo possesso al giovanotto
disobbediente, alimentando il suo spirito ingovernabile. I genitori furono
molto duri con lui per proteggerlo ed evitare che commettesse errori ai quali
non si sarebbe potuto porre rimedio. Sul pianeta Azul chi infrangeva le regole
veniva punito con l’esilio in paesi lontani, senza mai più poter ritornare a
casa. L’esilio era una punizione gravissima perché gli azuliani ritenevano che il
contatto con altre terre e l’incontro con altri esseri corrompesse il loro
spirito. Dunque si può immaginare come il viaggio e la ricezione di genti
provenienti da altri pianeti fosse percepito come un oltraggio al proprio
popolo e perciò altamente punibile. Il pianeta Azul rimaneva isolato mantenendo
intatto il loro ideale di purezza. Cyan cresceva, e la sua voglia di evadere e
trasgredire cresceva insieme a lui. Un pomeriggio, dopo aver svolto le lezioni
di movimento naturale, si isolò sotto l’albero di meringhe e si diede
all’inalazione dei pollini di kaya ed inziò ad esercitare la traslazione, la tecnica
che permette ai praticanti di poter proiettare il proprio corpo in altri
luoghi. Il potere del fiore creò nel suo cervello le sinapsi necessarie che gli
permisero di trasladarsi, fu la prima volta che giunse sul pianeta Terra. Tutto
d’un tratto si ritrovò a sud del vecchio continente, in un paesino nel
mediterraneo. I colori, gli odori, i suoni di quel luogo stravolsero i sensi di
Cyan, il quale non era mai stato più spaesato e felice che in quel momento. Girovagava
senza meta. Era incuriosito dagli abitanti del paesino, gli sembravano così
buffi e rozzi, gridavano e mangiavano delle robe fritte giganti dalla quale
fuoriuscivano dei fili bianchi e della tinta rossa, gli spiegarono che si
chiamavano panzerotti. Ne provò uno, e poi un altro, poi assaggio un’altra
pietanza, che ungeva le mani, dalla forma triangolare con dei pallini rossi
sopra e gli dissero che si chiamava focaccia. Era in piena estasi da cibo.
Fuori da un luogo chiuso, con un grande fessura da cui entravano e uscivano
umani, con l’insegna panificio, vi era un signore pancione e baffuto al quale chiese
“Cosa c’è qui di più bello da vedere?” E
il signore in una lingua incomprensibile rispose “wagliò pè fess me sta
pigghiej, au mer ad è scè” (giovane, mi prendi in giro? Al mare devi andare!) e
poi iniziò a canticchiare “vedi il mare quanto è bello”, a quel punto intervenne
una giovane donna, la cui bellezza lasciò Cyan senza fiato. Era alta e formosa,
con un capello mosso e castano scuro che le arrivava sino ai fianchi, vestita
in un abito lungo e svolazzante mosso dal vento caldo che soffiava. La donna
comprese che Cyan era un forestiero e si rivolse ai due uomini sorridendo e
disse “Toninò coss de for ye, (Antonino il ragazzo non è di queste parti) buon
giovane lo perdoni non ha compreso che lei non è di Monopoli, guardi lo vede il
campanile alto della nostra cattedrale arrivi laggiù e poi vedrà il mare: è la
nostra più preziosa ricchezza!!!” Cyan ringraziò
elegantemente e si mise in cammino, dedusse subito che il mare chiunque esso
fosse stato doveva essere magico, qualcosa da non perdere. Zuppo di sudore,
Cyan, dopo aver attraversato alcuni vicoletti del paesino si trovò di fronte
una grande meraviglia piena di sfumature di azzurro e verde: il mare. C’era un cartello che diceva
Porta Vecchia, per fortuna gli azuliani hanno un database nel loro cervello che
li permette di decifrare e comunicare in più di un milione di lingue. La sua
reazione fu di commozione, pianse di gioia e stupore, come un bambino quando
ritrova qualcuno o qualcosa che ha smarrito, pianse di una felicità
indescrivibile. La piccola striscia di sabbia che precede il mare era piena di
gente che parlava animatamente, e da una parte all’altra del bagnasciuga correvano
spensierati i più piccini, c’era una caciara di gente, tipicamente domenicale,
di chi si gode il giorno di riposo con abbronzanti, libri, cibo, birra e giochi
ai bordi di sua maestà: il mare. Per Cyan, non soltanto era nuovo lo scenario
naturale che stava ammirando, ma mai aveva visto nella sua vita tanta gente
insieme condividere un momento piacevole come quello di esporre i propri corpi
al sole e immergerli nell’acqua per refrigerarli. Sul pianeta Azul per
mantenere l’ordine sociale sono severamente vietati gli assembramenti nei
luoghi pubblici, finanche nelle case non si può vivere in più di tre membri per
famiglia, infatti c’ è un rigido controllo sulle nascite per tenere a bada il
sovrappopolamento del pianeta. Il momento di scoperta del mare fu bruscamente
interrotto dai rintocchi del campanile che gli ricordarono che doveva ritornare
a casa, e così inalando l’ultimo petalo di Kaya, ritornò ad Azul, con cinque
minuti di ritardo sull'orario prestabilito per la cena. I genitori erano
arrabbiatissimi, dalle loro parti la puntualità è un principio fondamentale di
rispetto verso il prossimo, soprattutto se si tratta dei più adulti. La società
di Azul si poteva paragonare ad una piramide, in cima alla quale si collocavano
gli adulti, alcuni più privilegiati di altri, in basso c’erano i giovani e i
bambini, i quali non avevano nessuna voce. Durante la cena, la madre di Cyan incominciò
un interrogatorio per comprendere a cosa fosse dovuto il suo ritardo. Il
giovane, incapace d’improvvisare, balbettò una bugia. Il padre, indispettito,
tirò fuori la registrazione che gli era stata consegnata dal capo reparto della
robotica sorveglianza del pianeta. Nella registrazione si vedeva chiaramente
Cyan che praticava la traslazione. La sua famiglia comprò il silenzio dei
sorveglianti affinché il primo ministro di Azul non venisse a conoscenza della
fuga del giovane sul pianeta Terra, e lo punisse macchiando l’onore dell’intera
famiglia. Cyan fu preso da un moto di rabbia…
“Cosa me ne
faccio di una vita in cui non potrò mai appagare il mio spirito viaggiatore, mi
vogliono punire perché ho voglia di trasladarmi ovunque? Vogliono punire il mio
spirito ribelle, vogliono punire la mia voglia di esplorare e conoscere quello
che vive oltre il nostro pianeta? Non siete forse voi adulti azuliani che ci
insegnate ad essere forti e determinati nell’inseguire i nostri desideri,
allora ecco il mio è quello di oltrepassare i confini e poter vedere tutti i
luoghi che voglio e stringermi alla gente che desidero, perché la vita è pur
sempre una e non ho intenzione di rimanere qui isolato”
“Di cosa parli
figlio mio, stai cercando di denigrare il nostro pianeta, sai quanto i tuoi
antenati si sono sforzati per creare questo paradiso, e tu vuoi contaminare la
tua purezza viaggiando, per di più sul pianeta Terra, nell’infermo della
malattia e della corruzione? Che il Dio Guardo tutto ci salvi!”
“Madre, i nostri
antenati viaggiarono tanto e poi si trasferirono qui, la loro flotta salpò
diversi mari, la traslazione li condusse in giro per le galassie, videro
costellazioni remote, si mischiarono a popolazioni di ogni pianeta e poi
giunsero qui creando Azul, un posto isolato dove mettere in salvo la loro
progenie da ciò che più li preoccupava: la malattia e i mali terrestri. Cosa
hanno creato? Una prigione della salute, dove non possiamo stare insieme
abbracciati, ma perennemente a distanza, isolati perché lo straniero è un
nemico. Voi sapete che il nostro sangue è meticcio, perché nella nostra storia
eravamo nomadi e poi un giorno siamo rimasti qui, precludendo alla nostra anima
il piacere più profondo quello di viaggiare e di mischiarci, ma io non ho paura
dell’esilio, se è questo il prezzo da pagare per donare al mio cuore l’emozione
e il brivido della scoperta”
I genitori
infastiditi e delusi dal giovane si ritirarono nelle loro stanze. Trascorsero
diversi giorni nella monotonia della vita quotidiana, il ricordo del mare
continuamente riaffiorava nei ricordi di Cyan, voleva rivederlo e poter
scambiare due parole in più con i terrestri, provare l’ebrezza dello stare insieme,
di stare in mezzo ad una folla. Così un giorno, mentre tutti i giovani dovevano
completare la raccolta dei fiori di kaya, lavorando distanziati a due metri
l’uno dall’altro, ne rubò alcuni per poter tornare a rivivere un giorno sulla
Terra. Aspettò il calare della notte, quando nella sua casa tutte le luci
furono spente, sgattaiolò sul terrazzo ed inalò i petali di kaya e si trasladò.
Purtroppo però sul pianeta terra qualcosa era cambiato, all’iniziò Cyan pensava
che avesse sbagliato luogo e che qualcosa nella traslazione fosse andato
storto, ma non ebbe tempo per comprenderlo perché un signore gli passo di
fianco e gli disse “Figliolo torna a casa, vedi quelli laggiù? Non aspettano
altro che farti una bella multa o portarti in caserma se non hai questo” e gli
mostrò un foglio. Si nascoste dietro un muretto aspettando che gli uomini in
divisa blu si allontanassero dalla strada. Dopo circa tre ore potè uscire allo
scoperto e si avvicinò all’unico posto dove sembravano esserci forma di vita,
un tabaccaio, e trovò un articolo di giornale che parlava di una Pandemia in
corso sul pianeta, Cyan scappò a cercare riparo. A quel punto sì ebbe molta
paura, gli ritornarono in mente le lezioni di Storia della Terra in cui
l’insegnante aveva parlato loro delle malattie e della diffusione delle
epidemie. La malattia era un qualcosa di strano e oscuro per un azuliano, Azul
era una vera e propria roccaforte della salute. Cyan si agitò tantissimo, e cominciò
a rimproverarsi di essere tornato indietro. Quel luogo che gli era sembrato un
parco di felicità si era trasformato in un posto da incubo. L’agitazione
provocò in lui un sonno profondo, e al suo risveglio si ritrovò in un posto
semi buio ed umidiccio, aprì gli occhi ed era sotto terra, tutto intorno a lui
era bianco e a tratti grigio e marrone, il bianco sembrava cera disciolta. Tra
quelle mura fredde trovò riparo e dormì. Non si sa per quanto tempo dormì, un
giorno fu svegliato dalle grida di una ciurma di scolari. Il capo fila era una
donna che sembrava conoscere perfettamente il posto, e non appena lo vide,
sorpresa chiamò la sicurezza. I vigilanti raccolsero il giovane Cyan dal suolo
e lo fecero accomodare all’aria aperta. Era confuso, la mente intorpidita, impedì
ai vigilanti di chiamare i soccorsi. Un trio di giovani, che si trovavano da
quelle parti per visitare le grotte, fingendo che fosse un loro amico, lo
invitarono a bere un caffè e a mangiare una teglia ripiena di strati di verdura
e salsa rossa, la parmigiana di melanzane. Il gruppo era composto da due
ragazzi alti con uno stile accurato e una ragazza dall’aspetto più trasandato,
accompagnata da un cane grigio e nero taciturno e affettuoso. Il trio gli
domandò cosa facesse lì nelle grotte di Castellana e quale fosse la sua
provenienza, Cyan per non essere preso per pazzo si limitò a dire che era
tornato per rivedere il mare. Il trio sorrise ed esclamò “Sei un tipo insolito
e fortunato tu, vieni con noi”. Durante
il tragitto, salì per la prima volta su un’automobile, ed ascoltò per la prima
volta la musica che proveniva dallo stereo, il gruppetto di amici cantava a
squarciagola, erano felici perché per mesi non si poterono vedere e finalmente
tornavano a stare insieme. Cyan era meravigliato del fatto che per loro
l’isolamento fosse un’eccezione e la condivisione la normalità, che il
distanziamento fosse stata un’imposizione relativa ad un determinato periodo e
che stare vicini era una norma.
“Non avete paura
di ammalarvi di nuovo e che vi rinchiudano un’altra volta nelle vostre case?”
domandò.
“La paura ci
sarà sempre, la paura di far ammalare un nostro caro o di ammalarci gravemente
noi, però le cose vanno meglio e vogliamo ripartire, non possiamo scordarci che
noi siamo ancora vivi e con qualche regoletta in più possiamo stare insieme,
vogliamo stare insieme perché come disse un grande maestro è questa la nostra
natura” Gli spiegò la ragazza.
Dopo circa 20 chilometri in auto, attraversando
stradine di campagna giunse su un terreno morbido e granuloso, una spiaggia. Dopo questa distesa di sabbia, ecco che Cyan
lo riconobbe: il mare, ed iniziò ad esultare, poi fu coinvolto dalla folla che
sul bagnasciuga lasciava che il mare bagnasse i suoi piedi, finchè in un grido
collettivo tutti si tuffarono. Cyan, per la prima volta si immerse
completamente nell’azzurro marino, quando risbucò in superfice il sole calava a
ponente, si lasciò trasportare a riva dalla corrente sentendosi più libero che
mai, e, ancora una volta chiuse gli occhi e le sue lacrime si mischiarono alle
acque salate del mediterraneo. Il trio li offrì una birra, era la prima volta
che assaggiava una bevanda alcolica e li sembrò amarissima al primo sorso, lui,
così come è stato educato sul pianeta Azul, ricambiò il gesto facendoli inalare
i petali di Kaya, Cyan per la prima volta nella sua vita si trovava nella piena
celebrazione di un happy-hour in bikini. E tra il piacere provocato dai fumi di
Kaya, il meraviglioso e pacato sole che dorava la pelle dei giovani, Cyan, iniziava
il racconto della sua avventura alla ricerca di un tramonto sul mare.
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