In fondo al mare
C’era una volta un paesino subacqueo, chiamato Stella
marina, situato negli abissi del mar Adriatico a metà strada tra la Puglia e
l’Albania. Il paesino era abitato da gente speciale, gli stellatani, delle creature di colore verde
smeraldo metà pesce e metà umani. Essi custodivano un patrimonio preziosissimo
di credenze e conoscenze arcaiche che si trasmettevano dalla notte dei
tempi. Negli anni 2000 avevano aperto le
frontiere ai soggiorni turistici umani, grotte e gusci del fondale era state
adibite a case vacanza e alberghi per i forestieri. Le immersioni umane si
intensificavano nei mesi estivi e gli abitanti del mare iniziarono ad
accorciare la durata delle loro vacanze a Stella marina. Il turismo umano apportò molti cambiamenti
all’economia e all’ecosistema locale. Molti stellatani furono costretti a
spostarsi perché gli affitti delle conchiglie erano arrivati alle stelle del
cielo e gli stipendi si mantenevano bassi, ad aggravare la situazione c’era
l’inverno con il mare mosso non portava nulla di buono, poche provvigioni e pochi
flussi di pesci e umani. Intorno al primo decennio degli anni 2000 il signor
Piovra, sindaco di Stella marina, strinse degli accordi con il conte Candegina,
il quale a pochi metri dal paesino edificò una piattaforma petrolifera. La
trivellazione del mare costrinse molti dei loro vicini ad emigrare verso
migliori mari. Come se non bastasse, alla situazione di isolamento si aggiunse
il problema dell’inquinamento delle acque. Cominciarono anni bui per Stella
marina che peggiorarono con la diffusione nelle acque di un metallo pesante
identificato come veleno nero 19 che inalato comportava gravi conseguenze. In
questo scenario apocalittico gli adulti cercarono di proteggere e conservare la
spensieratezza dei più piccini, provando a custodire nelle case un clima di
serenità. Proprio per brindare a questo proposito si celebrò il giorno dei
morti, come ogni anno bisestile, la notte tra il 28 e il 29 febbraio. Dal
paradiso dell’oceano ritornarono per una giornata i parenti defunti. Secondo la
tradizione del posto, la festa dei morti, era una giornata di allegria in cui
si allestivano banchetti immensi contenenti le bevande e gli alimenti preferiti
dei defunti. Per evocarli i viventi si mascheravano e si travestivano con gli abiti
utilizzati dai morti in vita e si disponevano candele e fotografie di essi sul
tavolo del banchetto. Si cercava in tutti i modi di non far mancar nulla ai
defunti in maniera tale da accontentarli di tutti i loro piaceri almeno per un
giorno. Nella grotta in via 0berdan 79, vicino il parco delle alghe, nella
periferia del paesino, giunsero in visita dall’aldilà il nonno, la nonna, la
zia Benedicta, zio Saverio e la sua consorte, zio Ninì ed altri parenti più
lontani. Dopo il primo abbraccio collettivo, gli invitati aprirono il
banchetto. Il nonno scelse di stappare la sua prima birra, zio Ninì si accese
un sigaro alla vaniglia che iniziò a profumare tutta la grotta, la nonna si accese
una bella sigaretta che fumava con piacere invidiabile. Le giornate dell’anno
bisestile 2020 furono diverse per il nipote maggiore, Hyde, il quale si sentiva
particolarmente agitato. Non era abituato a trascorrere tanto tempo in casa,
non sapeva più come ingannare il tempo, come distrarsi e pensare ad altro. Era
un giovane pesce elefante, lungo, con orecchie grandi e dal color verde con
sfumature celesti, un giovane spiritoso impiegato presso la polizia marina,
addetto a vigilare il traffico e le corse dei cavallucci marini sull’autostrada
principale della via adriatica. Nel tempo libero, Hyde organizzava party in
superficie, sugli scogli della costa, creature del mare e della terra ballavano
al chiaro di luna al ritmo della musica del suo collega medusa e sul timbro
della sua voce, che incoraggiava la ciurma con esclamazioni come “Sù con quelle
pinne, oppure mani al cielo!!!” Il dj e il vocalist sprigionavano euforia nella
folla. Durante il pranzo, Hyde, domandò ai suoi nonni cosa ne pensassero del
veleno nero 19 e i due, come erano soliti fare, iniziarono a raccontare del
loro passato. L’attenzione dei commensali si diresse verso i nonni e calò
un’atmosfera di silenzio.
Nonno «Ai nostri tempi, quando eravamo giovani, la nonna
quant’era bella…Giorgina lo posso dire? Eh aveva un décolleté squamoso da far paura»
Nonna «E lui invece, quante me ne ha fatte passare, con
suo fratello se ne andavano in giro a fare i fringuellini, vabbè Pippo non
essere ripetitivo, raccontagli dei tempi della collera»
Nonno «Va bene, gente, non voglio fare indispettire la
nonna, perciò arriverò al succo del discorso. Alcuni tra di voi si ricorderanno
di quando giunse la collera nel mar Adriatico. Piccini miei che periodo.
Abbiamo patito la fame ma non ci perdevamo d’animo. La collera era uno spirito
maligno che ti possedeva e per curarlo bisognava chiamare l’esorcista, ci fu
un’emergenza, la grande chiesa degli abissi entrò in crisi, tutte le lucerne
erano a lavoro senza ore di riposo e i preti della terra non erano molto
propensi ad aiutare noi di qua giù. Molte donne pesce, compresa la nonna, furono
possedute. Una volta che la collera ti possedeva perdevi il controllo, gli stellatani iniziavano a fare i capricci, a non accontentarsi, a strillare, ad
essere irascibili. Molte furono le famiglie che si sfaldarono, mariti in preda
al panico. Io ho resistito perché non avrei mai potuto abbandonare vostra
nonna, però non era facile. Mi comandava a bacchetta e mai sia non facevo
quello che diceva!»
Nonna «Mò stai esagerando, anche gli uomini, in più
piccola percentuale erano colpiti, solo che negli uomini la collera si
manifestava in maniera più pacata, ma c’è una spiegazione sociale a tutto ciò. Piccini
miei vedete, noi donne pesce all’epoca, a parte per qualcuna fortunata come me,
vivevano segregate in casa a svolgere tutte le faccende domestiche, pensate
invece alle donne pesce predatrici, dopo il duro lavoro nei mari toccava il
lavoro di casa. Che vita, ora vedo voi felici e indipendenti, prima le cose
erano un po' diverse»
Nonno «Sapete per evitare il contagio che facevamo? Ne
inventavamo di tutte, non aveva gli smart
phone waterproof, non potevamo comunicare, certo è che in casa eravamo tanti, nel
vicinato ci conoscevamo tutti, vero Giorgina? Al piano di sopra c’erano i
suoceri, al piano di sotto i cognati, di fianco i vicini erano i cugini. Dai
balconi-guscio chiacchieravamo, piazzavamo le sedie lì e parlavamo. Però le
comunicazioni quelle erano, si riducevano al vicinato, poi giocavamo a carte. I
figli di mio cugino in casa cià yè che non fesciavan (cosa non combinavano):
saltavano all'alga, giocavano con le perle, a un due tre stella, a nascondino,
guardia e ladri, alla campana oppure fingevano esplorazioni subacquee giocando con le mascherine.
Ragazzi altri tempi, avevamo poche cose e a partire da quelle dovevamo
inventarci il nostro passa tempo. Un giorno dai balconi-guscio giocammo a nomi,
cose e città, un altro giorno a bugia o verità, finché piano piano la collera
fu esorcizzata del tutto con l’arrivo di potenti stregoni-polpo africani che arrivarono per mezzo di giganteschi sottomarini»
Nonna «Hyde guarda, nel frattempo che il nonno parlava, ti
ho preparato il salame di cioccolato, dai corri a mangiarlo che il cacao mette di
buon umore. Poi Pippo perché non racconti ai ragazzi dell’episodio del
pescatore fuggito che si smarrì nei mari… Hyde, tu, invece mi fai vedere un
attimo come funzionano questi aggeggi. Hai detto che si chiamano cuffie? Vorrei
ascoltare un po' di musica quella che piace a me, mi fai ascoltare il cd che mi
avevi preparato?»
I racconti dei nonni distrassero i nipoti, nel calore di
quell’incontro Hyde perse la percezione del tempo. Gli anni bisestili, giù a
stella marina, sono particolari proprio perché la visita delle anime del
paradiso degli abissi stravolge la normalità. Quando la festa fu terminata tra
lacrime e sorrisi la famiglia si salutò, e mentre le anime ritornavano nel loro
mondo, l’acqua tg annunciava che si era trovato un antidoto per disintegrare i
metalli pesanti tra cui il veleno nero 19. Hyde allora comprese e con lo
sguardo rivolto verso l’abisso ringraziò i suoi amati nonni per vegliare e
proteggere la loro comunità nonostante le miglia marine che li separavano.
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