L'equilibrista dissoluto




Questa è la storia di un equilibrista squilibrato, Ixca, dal sangue guerriero e dalla sensibilità poetica, che dall’antica terra mexica giunse nel vecchio continente per apprendere le nomadi arti circensi. Nel XXI secolo molti apprendisti della giocoleria, dell’equilibrio su mani, del trapezio e dell’acrobatica emigravano dalle Americhe per formarsi nelle scuole europee, attirati dal fascino della modernità e dalla fittizia perfezione del mondo europeo. Ixca si trasferì nel sud Europa, in Italia, ai piedi delle alpi. Nella città di Torino, cresceva nell’ansia di imparare la sua disciplina, di apprendere a stare al mondo e convivere con i suoi abitanti. Il suo desiderio era poter acquisire la padronanza della nobile arte della corda mexica. La corda di Ixca non è una semplice corda di tessuto, ma è stata forgiata dalla lava del vulcano Popocatepetl e levigata dall’acqua del rio Colorado. La corda è fatta di pietre, perciò è magica, dotata di una forza spirituale imbattibile. Essa contiene topazio, simbolo di forza e potenza, turchese simbolo di autocontrollo e vivacità intellettuale, granato pietra dell’amore, zaffiro purezza e saggezza, e per ultimo la perla: perfezione e unicità. Le corde mexica sono armi protettive di origine remota, soltanto i guerrieri che nascevano in direzione orientale ricevevano questo dono dal Dio della guerra Huitziloposhtl. A Torino vi era l’ultimo insegnante di corda mexica esistente sul pianeta, il suo nome era Mai mù. L’anziano maestro aveva circa 80 anni ma il suo corpo e la sua mente non conoscevano invecchiamento alcuno. Il maestro era molto severo con i suoi allievi, pretendeva la massima serietà durante gli allenamenti e la massima dedizione. Ixca era l’allievo meno diligente, la sua fantasia lo conduceva spesso in realtà astratte e lontane dal suo presente. Le sue fughe in mondi immaginari gli costarono allenamenti notturni, ore extra trascorse tra ripetute cadute, affaticamento e dolori. Ixca, come era solito fare distrattamente ma con ardore, riuscì ad apprendere da Mai mù l’equilibrio sulla corda mexica. In occidente, l’equilibrismo è principalmente un’esibizione spettacolare, mentre nell’universo simbolico mexica l’attraversamento della corda è la rappresentazione del cammino della vita, percorrere la corda metta in scena la sottigliezza della stabilità e delle certezze, giungere da un’estremità all’altra della corda significa compiere i propri sogni, raggiungere una meta.  Il tempo dell’apprendimento con il maestro giunsero a termine ed ebbe inizio la fase dell’autodisciplina, il momento di rimboccarsi le maniche e mettere in scena tutto ciò che si era esercitato sul tatami della scuola di circo. La corda mexica ha una relazione contorta con i suoi equilibristi, essa li accetta quando sono pronti, ovvero solamente quando hanno imparato ad alzarsi brillantemente dopo ogni caduta, dopo che le vertigini si sono trasformate in volanti acrobazie, dopo che l’anima è messa a nudo sul quel filo teso, dopo che ogni paura, timidezza e pigrizia vengono sopraffate da uno slancio vitale soffocante. Soltanto allora la corda si lascia attraversare dal suo equilibrista senza la supervisione di un maestro. La corda e Ixca si allontanarono, il guerriero era troppo dissoluto. Il loro legame si assottigliava nel tempo che trascorrevano lontani. La corda nel suo contenitore perdeva lentamente il suo splendore e Ixca, distratto da mille pensieri, trascurava la creazione del suo spettacolo. Nel tempo dell’ozio trovò l’amore, un amore passionale e travolgente che lo condusse in un batter d’occhio in un vortice di sentimenti inesplorati. Insieme alla sua compagna dopo tanti momenti di sole si ritrovò a trascorrere il cupo momento dell’incertezza pandemica, una forma di intorpidimento della mente che si manifestava nei momenti di proiezione nel futuro. I sintomi dell’incertezza erano perdita di autostima, abbandono dei propri sogni e accontentamento acuto.  L’incertezza dilagava tra i giovani, il futuro era un punto interrogativo, un vuoto dopo il presente. Il paese arrancava e la popolazione adulta ansimante portava avanti il carretto. L’incertezza era stata causata dall’invecchiamento del paese che non incentivava i giovani, piuttosto li faceva scappare lontano alla ricerca di un futuro più prospero. La precarietà lavorativa faceva ammalare, i gradi di pessimismo corporeo salivano. Ad un certo punto l’intorpidimento dell’incertezza diventò fortemente contagioso, bastava parlare con un precario per diventare insicuri. Il governo impose l’isolamento ai giovani per salvaguardare il loro equilibrio psicologico. Anche Ixca venne sopraffatto dall’incertezza, eppure, il suo orologio si sincronizzò al ritmo della società e viceversa, per la prima volta tutto rallentò e lui poteva finalmente crogiolarsi e far della sua pigrizia una giustificata virtù dei tempi. Il piacere dell’ozio effimero e sfuggente riempiva il suo tempo. Nel frattempo, all’interno di una scatola che nascondeva nell’armadio della stanza da letto, l’energia turchese della corda cominciò a pulsare in maniera ripetitiva per richiamare l’attenzione del suo equilibrista. I racconti della tradizione mexica narrano che ogni guerriero ha l’obbligo morale e spirituale di prendersi cura della sua arma e di non poterne abbandonare la pratica per nessuna ragione al mondo, in caso contrario l’oggetto si ribella verso il suo compagno. I sogni diventarono incubi, il calore delle coperte un caldo straziante, il giorno una lenta angoscia. La corda cercava in ogni maniera di svegliare lo spirito del guerriero. Per sbaglio una mattina, l’oggetto finì tra le mani dell’amata di Ixca che toccandolo ebbe una visione. Vide un giovane bellissimo con il corpo pittato da segni di diversa forma, intorno al capo delle piume e i capelli raccolti in una treccia lunghissima che arrivava ai suoi forti polpacci. Indossava una camicia bianca a mezze maniche con cucita un’armatura dorata sul petto e le spalle, mentre le parti intime erano ricoperte da una gonna marrone cucita al centro e con dei lunghi spacchi laterali, e a piedi nudi si ergeva su di un colibrì blu e viola gigantesco. Il guerriero della visione guardò la donna negli occhi e le parlò “Guerriera, il tuo amore è puro e sincero, ti chiedo perciò di condurre Ixca al ponte della concordia e pregare con lui rivolgendovi ad ovest. Il dio dell’acqua del fiume che scorrerà sotto di voi vi presterà il suo verso per tradurre la vostra preghiera alle donne guerriere che da ponente vi guarderanno. Esse saranno lì ad aspettare Ixca, per fecondare in lui la creatività, la concentrazione e la determinazione che ha perduto nel suo cammino. Una volta conclusa la preghiera devi accendere una candela simbolo del fuoco che d’ora in avanti sarà la sua potenza, egli dentro di sé sarà alimentato da un fuoco infinito di passione e energia. Abbiamo bisogno di lui altrimenti spariremo e il valore della corda si perderà portando via una parte dello spirito di Ixca” Improvvisamente il guerriero sparì, la giovane poggiò la corda sotto il cuscino di Ixca e butto giù dei lunghi sorsi di acqua sorpresa dalla visione appena ricevuta. Ascoltatrice rispettosa delle culture ancestrali e devota al mondo magico, accompagnò il suo amato al ponte dove recitarono la preghiera e l’invocazione alle donne guerriere. Infine i due sulle note musicali della loro melodia preferita si unirono in un abbraccio che li condusse in una dimensione temporale astratta. Al calar del sole esausti come se avessero corso per kilometri rientrarono nella loro abitazione. Nella notte divinità mexica e personaggi dei fumetti comparvero nel sogno di Ixca, essi erano spettatori di uno spettacolo circense in cui il protagonista era proprio lui, il sognatore, impegnato in una performance commovente di acrobazie, equilibri, giocoleria, e danza in cui egli raccontava del ricongiungimento con il fuoco del suo spirito guerriero. Il giorno dopo, sorprendentemente Ixca, si svegliò all’alba baciò la sua amata e uscì di casa lasciando un bigliettino. “Amore devo riprendere la corda sarò sul monte ad allenare, non aspettarmi ci vedremo stanotte” Trascorsero varie settimane di assenza, era un’apparizione in casa, l’orazione aveva funzionato. Quell’estate, nel cuore delle Puglie, nella spiaggia dalle correnti più ghiacciate di Borgo bianco, Ixca, si esibì per la prima volta nel suo spettacolo. La corda era collegata da uno scoglio all’altro della spiaggia per una distanza di cento metri, la luce della luna illuminava la corda e i colori delle sue pietre si riflettevano nello specchio d’acqua marina. La sagoma di Ixca sembrava emanare una luce vivace che lo rendeva visibile nel buio della notte. Quella notte mite, il pubblico, con il fiato sospeso e gli occhi pieni di lacrime di stupore, ammirarono la sua magica esibizione sotto le stelle. Sulle parole della canzone Olvidala compa, le verticali e i salti indietro trasmettevano armonia e leggerezza, la giocoleria danzata era in sincronia magistrale con i suoni elettronici, l’esibizione si concluse con un tuffo teso improvvisato ma che risultò perfetto così come lo aveva sempre desiderato. Il fuoco del guerriero ardeva tanto in Ixca che superò ogni inibizione e pudore. L’arte aveva inebriato gli spettatori di bellezza e forza, tanto che non ci fu un ritorno alla normalità per loro, molti di essi partirono, altri rimasero lì a Borgo bianco ma rivoluzionarono le loro vite. L’equilibrio sulla corda mexica infondeva coraggio, spingeva a lanciarsi, a rischiare tutto pur di non nutrire rimpianti. Fu per questo motivo che Ixca girò il mondo con il suo spettacolo annichilendo l’incertezza pandemica che affliggeva i giovani.  Il giorno del suo primo spettacolo, quando la spiaggia di Borgo bianco tornò deserta, Ixca, prese per mano la sua amata, le tolse delicatamente gli abiti, si svestì dei suoi e si immersero in mare, lasciandosi stringere dalle acque scure per celebrare l’autenticità dell’amore guerriero che trasforma l’impossibile nel possibile e i sogni in realtà.

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